AIDS 2020

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07/08/2020 09:51 - 07/08/2020 09:51 #1 da LilaMod
AIDS 2020 è stato creato da LilaMod


Data: 6 - 10 luglio 2020
Autore: NAM - traduzione italiana a cura di LILA Onlus

LILA Onlus - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids, in collaborazione con NAM , è lieta di fornirti la copertura scientifica ufficiale on-line della  XXIII Conferenza Internazionale sull’AIDS - AIDS2020: VIRTUAL in corso dal 6 al 10 luglio 2020.

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07/08/2020 10:51 - 10/08/2020 19:03 #2 da LilaMod
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PRIMO BOLLETTINO


In un ampio studio in Africa, la PrEP previene tre quarti delle infezioni da HIV.

Un ampio studio sull’offerta della PrEP (profilassi pre-esposizione, ossia l’assunzione regolare di farmaci a scopo di prevenzione) in 16 comunità in Kenya e Uganda ha evidenziato una diminuzione del 74% negli eventi di infezione da HIV nei partecipanti appartenenti a gruppi ad alto rischio che iniziavano il trattamento. Si tratta della più cospicua riduzione mai riscontrata da un programma di offerta della PrEP in Africa sub-sahariana.
Lo studio SEARCH (Sustainable East Africa Research in Community Health) è operativo in 32 comunità in Kenya e Uganda fin dal 2013. Inizialmente era unicamente mirato all’offerta universale di test e trattamento, ma dal giugno 2016 all’interno delle 16 comunità di intervento si è iniziato a offrire la PrEP a individui ad alto rischio di infezione da HIV, per esempio persone che lavorano nei trasporti o nella pesca, o che comunque si ritengono a rischio di contrarre l’infezione.
 
La combinazione islatravir più doravirina è efficace nel mantenerela soppressione virale.
Il primo inibitore nucleosidico della traslocazione dellatrascrittasi inversa (NRTTI), islatravir, in combinazione con l’inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa (NNRTI) doravirina (Pifeltro) si è mostrato in grado di mantenere la soppressione della carica virale per 48 settimane; solo una piccola percentuale dei partecipanti allo studio in cui è stata sperimentata la combinazione è andato incontro a fallimento virologico, hanno riferito gli autori alla Conferenza.
Lo studio, randomizzato e a doppio cieco, ha coinvolto 121 individui che iniziavano per la prima volta il trattamento antiretrovirale. I partecipanti erano per oltre il 90% di sesso maschile e per i tre quarti bianchi, con età mediana di 28 anni; circa un quarto di loro al baseline presentava valori di carica virale superiori alle 100.000 copie/ml.
 
Nuovi studi sul rapporto tra trattamento HIV e aumento di peso.
Alla Conferenza sono stati presentati svariati studi dedicatialla questione dell’aumento di peso nei pazienti che assumono il trattamento antiretrovirale.
L’aumento di peso a seguito dell’inizio del trattamento è stato osservato in numerose coorti e in molte sperimentazioni cliniche. Sebbene le cause non siano ancora state definitivamente chiarite, sono stati avanzate diverse ipotesi, e sono state individuate associazioni tra aumento di peso e alcune determinate sostanze farmacologiche.
Ora da un ampio studio condotto negli Stati Uniti è emerso che le persone con HIV che assumono il trattamento antiretrovirale acquistano peso molto più rapidamente rispetto a persone HIV-negative di età simile, a prescindere quanto pesavano al baseline.
 
Almeno 28.000 donne negli Stati Uniti hanno iniziato la PrEP.
Da uno studio che ha esaminato le prescrizioni per il Truvada (tenofovir disoproxil fumarato/emtricitabina) negli Stati Uniti è emerso che il suo uso da parte delle donne come farmaco per la PrEP è aumentato di 12 volte tra il luglio del 2012, quando ne è stato per la prima volta approvato l’uso dalla Food and Drug Administration (l’ente statunitense preposto al controllo dei farmaci)  e la fine del 2017. Segnatamente, si è passati dalle 2770 prescrizioni individuali (sia per iniziare che riprendere l’assunzione del farmaco) del 2012 alle 27.556 del 2017.
I dati sono stati raccolti presso studi medici, farmacie, ospedali e altre strutture attive sul territorio. Gli autori dello studio riconoscono che con la metodologia adottata è possibile siano sfuggite loro molte prescrizioni, ma calcolano che i dati coprano circa l’80% dei casi di impiego della PrEP per qualsiasi dei cinque anni considerati.
 
Londra, secondo uno studio le persone HIV+ non sarebbero a rischio più elevato per forme gravi di COVID-19.
Le persone con HIV ricoverate per COVID-19 non vanno incontro un decorso più grave della malattia, stando a quanto osservato in un grande ospedale di Londra. I medici del Guy’s and St Thomas’ Hospital hanno condotto uno studio retrospettivo confrontando 17 pazienti con HIV ricoverati a marzo o aprile e risultati positivi al test per SARS-CoV-2 (il coronavirus responsabile della sindrome) con 50 pazienti HIV-negativi, in un rapporto di tre a uno. Outcome primario dello studio era il tempo intercorso tra il ricovero e il miglioramento delle condizioni di salute, definito come un miglioramento di due punti su una scala clinica di sette punti totali, oppure come le dimissioni dall’ospedale.
 
Nei paesi africani dove l’omosessualità è criminalizzata, gli MSMsono esposti a un rischio più elevato di contrarre l’HIV.
Gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini (men whohave sex with men, MSM) residenti in paesi dell’Africa sub-Sahariana dove l’omosessualità è severamente punita dalla legge corrono un rischio quasi cinque volte maggiore di contrarre l’infezione da HIV rispetto a chi vive in paesi dove non c’è criminalizzazione: sono le conclusioni di uno studio presentato alla Conferenza. Per chi vive in paesi in cui la criminalizzazione c’è ma non è (relativamente parlando) estrema, la probabilità è di due volte maggiore. La criminalizzazione dell’omosessualità rappresenta un ostacolo di non poco conto per gli MSM che hanno bisogno di rivolgersi ai servizi per la prevenzione e il trattamento dell’infezione.

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07/08/2020 10:56 - 07/08/2020 10:57 #3 da LilaMod
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SECONDO BOLLETTINO


Brasile, paziente inremissione HIV a lungo termine.

Un uomo di San Paolo, Brasile, non presenta tracce di infezione HIV dopo aver sospeso da oltre 15 mesi i trattamenti antiretrovirali e potrebbe dunque rappresentare il primo caso di cura funzionale ottenuta senza un rischioso trapianto di staminali.Il caso è stato descritto dal dott. Ricardo Diaz, il medico a capo dello studio di cui fa parte il paziente, alla 23° Conferenza Internazionale sull’AIDS (AIDS 2020: Virtual), in corso questa settimana in modalità virtuale.
Ad oggi solo due persone sembrano essere riuscite ad eliminare il virus, Timothy Ray Brown (il “paziente di Berlino”) e Adam Castillejo (il “paziente di Londra”).
 
PrEP iniettabile superiore per efficacia a quella orale.
La somministrazione di PrEP con un’iniezione eseguita una voltaogni otto settimane si è mostrata più efficace nel prevenire l’infezione da HIV rispetto all’assunzione per via orale in un gruppo di uomini gay e bisessuali e donne transgender, hanno confermato alla Conferenza i ricercatori dello studio HPTN083. I risultati principali dello studio erano già stati presentati due mesi fa, quando era stato interrotto perché nel braccio della PrEP somministrata per via iniettiva si erano verificate molte meno infezioni che in quello della PrEP ad assunzione orale. All’epoca, gli autori hanno potuto attestare solo la non-inferiorità del regime iniettabile rispetto a quello orale.
 
Come si possono incoraggiare gli uomini a fare il test per l’HIV?
Secondo degli studi condotti in Africa sub-sahariana epresentati questa settimana alla Conferenza, per incoraggiare gli uomini a fare il test HIV è efficace il sostegno di altri uomini o l’offerta di servizi specificamente mirati, mentre nelle strutture sanitarie si perdono molte occasioni per spingerli a sottoporvisi.
In passato erano già stati condotti studi demografici da cui emergeva che gli uomini hanno probabilità più basse di ricevere una diagnosi di HIV o fare il test. Può dunque essere utile individuare dei fattori che possono incoraggiare gli uomini a eseguire il test o a rendere i test più accessibili, in modo da far aumentare l’adesione, e di conseguenza le diagnosi, in questo gruppo di popolazione in Africa sub-sahariana.
 
Il Biktarvy negli ultra-65enni.
Secondo uno presentato questa settimana alla Conferenza, loswitch terapeutico al Biktarvy con un regime monocompressa in pazienti oltre i 65 anni ha elevate probabilità di mantenere la soppressione virale. Ora che la loro aspettativa di vita si è allungata, le persone con HIV sono anche più a rischio di sviluppare altre patologie e dover dunque assumere trattamenti multipli. Sono però ancora pochi i dati disponibili sul trattamento antiretrovirale negli ultra-65enni.
 
Trattamento di seconda linea, meglio mantenere il tenofovir chepassare alla zidovudina.
Mantenendo il tenofovir dopo il fallimento del trattamento diprima linea anziché sostituirlo con la zidovudina si sono ottenuti migliori tassi di ritenzione in cura, aderenza e soppressione della carica virale nei pazienti con HIV che hanno partecipato a uno studio condotto ad Haiti, si è appreso questa settimana alla Conferenza.
Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano l’impiego del tenofovir disoproxil fumarato (TDF) come trattamento di prima linea nei contesti poveri di risorse. In caso di fallimento, la raccomandazione è di sostituire il tenofovir con la zidovudina, ma si tratta di un’opzione poco allettante perché prevede l’assunzione due volte al giorno e dà effetti collaterali.
 
Infezioni opportunistiche in pazienti che assumono la terapia antiretroviralein America Latina.
Alla Conferenza sono stati presentati dati provenienti da seipaesi dell’America Latina che mostrano come anche con la terapia antiretrovirale a lungo termine permanga il rischio dell’insorgenza di infezioni opportunistiche.
Le infezioni opportunistiche si osservano di solito in soggetti immunocompromessi che non assumono una terapia antiretrovirale efficace. Tuttavia, da uno studio precedente condotto in America Latina era risultato che il tempo mediano necessario per diagnosticare la meningite criptococcica dopo l’inizio del trattamento arrivava a due anni. Un risultato sorprendente, che ha spinto i ricercatori a studiare l’incidenza delle infezioni opportunistiche a esordio tardivo, intese come patologie diagnosticate dopo sei mesi dall’inizio del trattamento.
 
New South Wales: notevoli miglioramenti nell’adesione al test HIVtra i maschi gay e bisessuali, ma c’è ancora chi resta indietro.
In New South Wales e in Australia è stato ottenuto dal 2010 “unostraordinario aumento nell’adesione al test HIV” tra i maschi gay e bisessuali, a quanto emerge da uno studio presentato alla Conferenza. Oltre l’’80% di tutte le nuove diagnosi di HIV in New South Wales riguarda maschi gay e bisessuali, che rappresentano un gruppo target elettivo per gli interventi mirati ad aumentare l’adesione al test.
A seguito di svariate iniziative volte a aumentare la domanda e la capacità dei servizi dedicati, il numero di test eseguiti è aumentato stabilmente dal 2012 in poi, in media del 5,8% all’anno. Soprattutto sono aumentati i test eseguiti da uomini appartenenti a gruppi ad alto rischio, passati da una media di 1,8 all’anno nel 2012 a una di 4,1 nel 2018.

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07/08/2020 11:24 - 10/08/2020 19:05 #4 da LilaMod
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TERZO BOLLETTINO


Sudafrica, rischio di morte per COVID-19 lievemente più alto nelle persone HIV+.

Un’analisi condotta nella provincia del Capo Occidentale, in Sudafrica, ha evidenziato che la coinfezione con HIV fa lievemente aumentare il rischio di morte per COVID-19 e circa l’8% delle morti per COVID-19 nella provincia sono imputabili all’HIV. L’aumento del rischio di morte è comunque modesto, e anche se il Sudafrica è un paese a forte prevalenza HIV, il numero di decessi resta poco elevato.
L’analisi ha preso in considerazione circa 3,5 milioni di adulti in carico al servizio sanitario pubblico nella provincia del Capo Occidentale, nelle strutture sia ospedaliere che territoriali. Si sono diagnosticati 22.308 casi di COVID-19, tra cui 625 decessi. I maggiori fattori di rischio di morte per COVID-19 erano età avanzata e diabete; anche tubercolosi e infezione da HIV sono risultati fattori di rischio, ma meno importanti.
 
PrEP “on-demand” altamente efficace, ma la posologia può creare qualche confusione.
In un centro per la salute sessuale di San Francisco è stata offerta agli utenti la possibilità di ricevere farmaci per la PrEP (profilassi pre-esposizione) da assumere in due modalità, intermittente (detta anche “on-demand”) o giornaliera: il 24% delle persone che hanno assunto il trattamento ha optato per il regime intermittente, e il tasso di nuove infezioni è risultato basso. La PrEP intermittente o “on demand” consiste nell’assunzione di due compresse di tenofovir disoproxil fumarato/emtricitabina (Truvada) tra le 2 e le 24 ore prima di avere rapporti sessuale, un’altra compressa dopo 24 ore dalle prime due e un’ultima dopo altre 24 ore, ragion per cui viene detta anche PrEP 2-1-1.
 
Sudafrica, netto calo delle infezioni HIV con l’offerta di PrEP alledonne.
Con l’offerta della PrEP alle donne partecipanti a un ampio studio sulla contraccezione si è ottenuta una riduzione dell’incidenza dell’HIV pari al 55% – in tutte le partecipanti, che assumessero i farmaci direttamente o meno.
Lo studio ECHO era finalizzato a verificare se l’impiego di contraccettivi aumentasse il rischio di infezione da HIV. Vi hanno partecipato 7829 donne in quattro paesi africani, che sono state randomizzate per ricevere tre diversi metodi contraccettivi e non è emersa alcuna evidenza di aumento del rischio HIV.
 
Tasso di trasmissione verticale all’1,8% a Khayelitsha, Sudafrica.
A distanza di vent’anni dall’introduzione del primo programma per la prevenzione della trasmissione verticale (materno-fetale) dell’infezione da HIV, a Khayelitsha (la più estesa township di Città del Capo) il tasso complessivo di trasmissione verticale si attesta all’1,8%, si è appreso questa settimana alla Conferenza.
È il dato che emerge dall’analisi retrospettiva delle nascite da madri HIV-positive in carico presso una serie di strutture per l’assistenza prenatale di Khayelitsha nel 2017.
 
Scarsa aderenza nei giovani associata a eventi impattanti.
Alla Conferenza, questa settimana, si è parlato di come eventi con un notevole impatto sulla vita, come dover affrontare una gravidanza o cambiare città, siano risultati associati alla mancata soppressione virale in un ampio gruppo di giovani HIV-positivi dell’Uganda e del Kenya rurale. Sono stati raccolti dati riguardanti 900 ragazzi con HIV di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Per la maggior parte (83%) erano di sesso femminile e due terzi erano in trattamento antiretrovirale da oltre sei mesi.
Gli eventi più spesso riferiti dai giovani partecipanti allo studio sono risultati la gravidanza o il parto (16%) e un trasloco (16%). Sono stati indicati abbastanza frequentemente anche eventuali malattie, l’inizio o l’interruzione degli studi o di un lavoro, lutti in famiglia, problemi sentimentali e interrelazionali e l’intreccio di una relazione con un nuovo partner sessuale, tutti citati dall’8 o 9% degli intervistati.
 
Benefici della riduzione del danno in Ucraina e Tanzania.
Da uno studio presentato alla Conferenza emerge che grazie ad alcune iniziative attuate da organizzazioni non-governative (ONG) in Ucraina si sono ottenuti tangibili benefici per la salute dei consumatori di sostanze stupefacenti per via iniettiva in termini di prevenzione dell’HIV e dell’epatite C e del coinvolgimento attivo nel percorso di cura per l’HIV.
Oltre 42.000 consumatori di stupefacenti per via iniettiva hanno preso parte a un progetto di biosorveglianza condotto in 31 città sparse in tutta l’Ucraina negli anni 2009, 2011, 2013, 2015 e 2017. Circa un terzo dei partecipanti erano persone assistite dalle ONG, un quinto era di sesso femminile e la prevalenza HIV era del 22%.
 
I figli di madri HIV+ crescono bene quanto quelli con madri HIV-negative.
Uno studio condotto in Sudafrica ha seguito un gruppo di bambiniHIV-negativi nati da madri con HIV concludendo che, in linea generale, nei primi cinque anni di vita crescono altrettanto bene di quelli che hanno madri HIV-negative, in termini sviluppo fisico e psicologico. E questo malgrado la presenza di più indicatori di svantaggio sociale.
Per lo studio è stato reclutato un gruppo di donne in gravidanza di Città del Capo, Sudafrica, tra il 2009 e il 2010. Ad oggi, i ricercatori hanno seguito i figli di 1150 donne fino all’età di otto anni. Il 32% delle madri sono HIV-positive, ma solo una minoranza di loro ha assunto con continuità una terapia antiretrovirale.

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07/08/2020 12:59 - 10/08/2020 18:44 #5 da LilaMod
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QUARTO BOLLETTINO

Impatto del COVID-19 sucomportamento sessuale e ricorso alla PrEP.

La pandemia da COVID-19 ha avuto forte impatto sui servizi di offerta e sul ricorso alla PrEP: alcuni studi hanno evidenziato come le misure di lockdown abbiano contribuito a una sostanziale diminuzione dell’attività sessuale e del ricorso alla PrEP da parte di un campione di maschi omosessuali negli Stati Uniti e in Australia. Si tratta di studi presentati alla 23° Conferenza  Internazionale sull’AIDS (AIDS 2020: Virtual), in corso questa settimana. 

Studi sul COVID-19 in persone HIV+ a New York.

Uno studio presentato alla conferenza ha esaminato un gruppo dipazienti HIV-positivi ricoverati per COVID-19 a New York durante il picco dell’epidemia, raffrontandoli con un gruppo di controllo di pazienti HIV-negativi: durata del ricovero e il tasso di decesso sono risultati comparabili, ma i pazienti HIV+ avevano maggiori probabilità di aver bisogno di ricorrere alla ventilazione meccanica. Si tratta di uno studio retrospettivo di coorte condotto su 100 pazienti HIV-positivi e 4513 HIV-negativi ricoverati tra marzo e maggio nel quartiere del Bronx, uno degli epicentri dell’epidemia da COVID-19 nella città di New York. 

La pandemia da COVID-19 dà impulso all’erogazione di quantitativi difarmaci sufficienti per più mesi.
Lo sconvolgimento causato dalla pandemia da COVID-19 ha datonuovo impulso al cambiamento delle modalità di erogazione dei servizi per il trattamento dell’HIV in Africa sub-sahariana, dove adesso è sempre più spesso possibile ottenere forniture di farmaci antiretrovirali sufficienti a coprire il fabbisogno di tre o sei mesi.
Questa modalità di erogazione riduce la necessità, per i pazienti, di recarsi alla visita di controllo mensile e, dal 2016, è contemplata nelle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per i pazienti stabili all’interno dell’approccio di assistenza differenziata (‘differentiated care’), che mira a trasferire sul territorio parte dei servizi per pazienti con bisogni sanitari meno complessi e consentire così al personale medico di concentrare gli sforzi sui pazienti che iniziano il trattamento e che presentano un quadro clinico più complicato. 

Il dolutegravir in donne HIV-positive in gravidanza.

L’esposizione al dolutegravir intorno al momento delconcepimento o nei primi mesi di gravidanza è risultata associata a un lieve aumento, non statisticamente significativo, del rischio di difetti del tubo neurale rispetto ad altri antiretrovirali, si è appreso alla Conferenza.
I difetti del tubo neurale sono gravi malformazioni del cervello, della colonna vertebrale o del midollo spinale. Nel maggio 2018, lo studio Tsepamo (uno studio di sorveglianza sugli esiti alla nascita, ancora in corso) aveva inaspettatamente evidenziato un’associazione tra assunzione di dolutegravir al momento del concepimento e difetti del tubo neurale. Altri studi non erano riusciti a giungere a risultati conclusivi, il che evidenzia la generale carenza di dati circa la sicurezza degli antiretrovirali in gravidanza. 

Il Depo Provera può aumentare il rischio di riduzione della massaossea tenofovir-correlata.
In uno studio presentato alla Conferenza, l’impiego delcontraccettivo Depo Provera è risultato associato a un rischio doppio di riduzione della massa ossea in un gruppo di giovani donne che iniziavano per la prima volta una terapia antiretrovirale (ART) contenente tenofovir disoproxil fumarato (TDF).
Studi precedenti avevano mostrato che i pazienti con HIV sono soggetti a un’accelerata riduzione della massa ossea e a un maggior rischio di osteopenia (bassa densità minerale delle ossa) e osteoporosi (cospicua perdita di massa ossea che può essere causa di fratture). Il TDF è un antiretrovirale altamente efficace ed è considerato generalmente sicuro, ma può causare perdita di massa ossea nei soggetti predisposti. 

Africa, molti abbandonano i programmi PrEP ma riprendonosuccessivamente.
Anche se in molti programmi di profilassi pre-esposizione (PrEP)si osservano alti tassi di abbandono, succede molto frequentemente che gli utenti riprendano l’assunzione in un secondo momento: è quanto emerge da tre diversi studi dimostrativi condotti in Africa sub-sahariana e presentati alla Conferenza.
Si tratta di tre progetti che hanno coinvolto oltre 47.000 persone in Kenya, Tanzania e Lesotho. I partecipanti erano per lo più giovani e appartenevano a gruppi di popolazione chiave come le sex workers e gli MSM (uomini che hanno rapporti sessuali con uomini).

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10/08/2020 18:59 #6 da LilaMod
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BOLLETTINO CONCLUSIVO


COVID-19, l’impatto del lockdown sulle comunità LGBT.

Da un’indagine condotta a livello internazionale è emerso che le misure introdotte per fronteggiare l’emergenza COVID-19 hanno avuto un impatto non trascurabile sulla salute e la sicurezza economica di alcuni membri della comunità LGBT.
Erik Lamontagne di UNAIDS ha presentato i risultati alla 23° Conferenza Internazionale sull’AIDS (AIDS 2020: Virtual), svoltasi la scorsa settimana in modalità virtuale. L’indagine è stata effettuata tramite la somministrazione di questionari attraverso social network e siti di incontri per persone LGBT tra metà aprile e metà maggio. Hanno aderito oltre 20.000 persone LGBT di quasi 140 paesi, tre quarti dei quali al momento della compilazione del questionario erano confinati in casa in modo più o meno restrittivo.
 
Ampio studio USA non evidenzia collegamenti tra HIV e coronavirus.
Da un’analisi condotta sulla più ampia coorte di persone HIV-positive degli Stati Uniti emerge che l’infezione da HIV non comporta un rischio più elevato di COVID-19, e i pazienti con HIV che contraevano il coronavirus non sono risultati più soggetti a sviluppare forme più gravi della malattia: i risultati dello studio sono stati presentati la scorsa settimana alla Conferenza.
Lo studio ha esaminato incidenza e outcome per COVID-19 in due gruppi di individui, HIV-positivi e -negativi, facenti parte del Veterans Aging Cohort Study. Della coorte facevano parte 30.891 ex-militari HIV-positivi e 76.745 HIV-negativi, dei quali rispettivamente l’8,4% e il 6,5% sono stati sottoposti al test per COVID-19. A fine giugno, il tasso cumulativo di positività registrato nei due
gruppi era all’incirca lo stesso: 9,7% tra gli HIV-positivi e 10,1% tra gli HIV-negativi.
 
Diagnosi di HIV in età pediatrica in Africa, il problema del sommerso.
In un comunicato diffuso la scorsa settimana, UNAIDS hadenunciato che solo il 53% degli 1,8 milioni di bambini affetti da HIV ricevono cure antiretrovirali, contro il 67% degli adulti. Il motivo è da ricercarsi in parte nelle difficoltà di accesso a formulazioni di farmaci idonee all'uso pediatrico, ma ci sono anche moltissimi bambini che non vengono curati perché non è stata loro diagnosticata l’infezione.
Il programma internazionale per l’HIV degli Stati Uniti, il PEPFAR, si sta adoperando per espandere il cosiddetto index testing, ossia l’offerta proattiva del test a conviventi – qui in particolare ai figli – di persone che risultano HIV-positive.
 
L’equazione U=U può essere usata per ridisegnare i programmi HIV?
Alcuni studi presentati alla Conferenza hanno evidenziato che il grado di consapevolezza e accettazione dell’equazione U=U (Undetectable = Untransmittable, ossia “irrilevabile = intrasmissibile”) varia da paese a paese, malgrado ormai esistano evidenze conclusive che le persone in terapia antiretrovirale efficace, e dunque virologicamente soppresse, non possano
trasmettere l’infezione da HIV.
La campagna di sensibilizzazione per diffondere il messaggio U=U è stata per la prima volta lanciata nel 2016 da un gruppo di attivisti e ricercatori di New York e da allora è stata accolta da oltre 1000 organizzazioni attive in 100 paesi.
 
Forti disparità tra gli MSM in Inghilterra.
In Inghilterra i tassi di HIV sono in costante declino, e aumenta l’adesione alla PrEP da parte dei maschi gay e bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini (MSM): ciò nonostante sussistono ancora disparità tra gruppi interni a queste popolazioni, che non beneficiano allo stesso modo di questi successi. È quanto è emerso dai dati illustrati in due presentazioni poster alla Conferenza. La prima raccoglieva dati provenienti da svariate centinaia di centri per la salute sessuale in Inghilterra, che evidenziano una diminuzione in media del 40% delle diagnosi di HIV tra il 2014 e il 2018.
 
Invecchiare “bene” con l’HIV: l’importanza della resilienza.
Alla Conferenza è stata presentata una serie di studi basati sulle esperienze di persone con HIV alle prese con l’avanzare dell’età, mirati a comprendere meglio cosa voglia dire “invecchiare bene” quando si è HIV-positivi e a identificare le maggiori difficoltà e i principali fattori di protezione.
In uno studio condotto in Australia, chiamato Living Positive in Queensland, sono state effettuate tre interviste annuali con 73 persone HIV-positive di età compresa tra i 34 e i 75 anni. I due terzi dei partecipanti superavano i 50 e l’85% erano di sesso maschile. La maggior parte ha riferito comorbidità come cancro, cardiopatie e diabete, ma anche problemi di salute mentale e disturbi cognitivi.
 
Terapia genica e immunoterapia per curare l’HIV.
Prima dell’inizio della Conferenza si è tenuto un dibattito sulla ricerca di una cura per l’HIV in cui sono stati discussi i due approcci della terapia genica e dell’immunoterapia, per valutare quale abbia più possibilità effettive di portare a una cura che sia riproducibile in larga scala.
La prof.ssa Sharon Lewin ha spiegato che la validità dell’approccio basato sulla terapia genica è dimostrata, come ‘prova di concetto’, dai casi di Timothy Ray Brown e Adam Castellijo, che hanno ottenuto una cura funzionale grazie a un trapianto di staminali da un donatore che presentava una mutazione del gene CCR5.
 
Altre notizie da AIDS 2020.
  • Studi sull’uso della PrEP nel tempo a San Francisco e in Australia.
  • Comprendere meglio il comportamento degli MSM in Africa per ottimizzare i servizi HIV.
  • Per le persone HIV+ senza fissa dimora è utile un approccio personalizzato di cura.
  • Nuovo vaccino che induce le cellule e produrre particelle simili all’HIV si mostra promettente in uno studio su primati.
  • Bassi livelli di DNA provirale intatto trovati in pazienti elite controllers.
  • Le pubblicità che promuovono azioni legali contro il Truvada stanno spingendo alcuni giovani ad alto rischio HIV a evitare o a interrompere la PrEP.
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